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La democrazia e la qualita’ dello stato

Il seguente documento è la traduzione italiana dell’articolo di Vladimir Putin apparso in lingua russa sul quotidiano “Kommersant” il 06 febbraio 2012.

Lo sviluppo sostenibile della società è impossibile senza uno Stato efficiente. Una vera democrazia è condizione indispensabile per l’edificazione dello Stato, il cui maggior obiettivo è servire i diversi interessi della società.

Un’autentica democrazia non si realizza in un momento, né può essere riprodotta sulla base di un modello esterno. È necessario che la società sia sufficientemente matura per utilizzare i meccanismi democratici, che la maggioranza delle persone percepiscano sé stessi come cittadini, che siano disposti in modo costante a profondere le proprie attenzioni, il proprio tempo ed i propri sforzi nella partecipazione al processo di governo. In altre parole, la democrazia funziona laddove le persone sono disposte ad investire qualcosa in essa.

All’inizio degli anni Novanta la nostra società è stata colta dal fervore dinanzi alla disgregazione in atto del monopartitismo sovietico e del suo sistema amministrativo-dirigistico. Una transizione che sembrava preludere ad un passaggio di potere al popolo ormai prossimo. Tanto più che i modelli di democrazia civile e matura erano a noi assolutamente prossimi: gli Stati Uniti e l’Europa occidentale.  Nondimeno, l’introduzione di forme democratiche di organizzazione dello Stato ha comportato in modo repentino l’adozione di necessarie riforme economiche, e poco dopo tali forme sono state insidiate da élites oligarchiche centrali e locali, che senza onta alcuna hanno utilizzato lo Stato per i propri interessi, lucrando su di un patrimonio comune a tutta la nazione.

So per esperienza che in anche in quel periodo ai vertici del potere vi furono non pochi uomini onesti e capaci, sinceramente dediti al bene del proprio popolo. È grazie ad essi che lo Stato non è completamente crollato e bene o male sono stati affrontati i problemi quotidiani, promuovendo – benché in modo lento e discontinuo – alcune urgenti riforme. Ma nell’insieme il sistema creatosi si stava mostrando più forte.

Sotto la bandiera dell’ascesa trionfale della democrazia, negli anni Novanta abbiamo così assistito all’ascesa non di uno Stato moderno, bensì ad una silenziosa lotta fra clan e ad una proliferazione di privilegi semifeudali. Non una migliore qualità della vita, bensì ulteriori ed enormi costi sociali. Non una società giusta e libera, bensì l’arbitrio delle autoproclamatesi «élite», che apertamente disprezzavano le esigenze della gente comune. Tutto ciò ha come «avvelenato» la transizione della Russia alla democrazia e all’economia di mercato, provocando una profonda sfiducia di gran parte della popolazione verso questi stessi concetti ed un disinteresse verso la partecipazione alla vita sociale.

Il giurista e filosofo russo Pavel Novgorodcev ci aveva messo in guardia già all’inizio del secolo scorso: «Non di rado si crede che la proclamazione di tutte le libertà e del suffragio universale contenga di per sé la forza miracolosa per orientare la vita verso un nuovo cammino. In realtà quello che in alcuni casi finisce per essere allestito risulta essere non la democrazia, quanto piuttosto, a giudicare dalla piega che prendono gli avvenimenti, forme di oligarchia o di anarchia».

E noi negli anni Novanta abbiamo dovuto affrontare sia l’anarchia che l’oligarchia. Quel periodo fu letteralmente inquinato da una crisi del senso dello Stato. Sarebbe ingenuo attribuire le cause di ciò soltanto ai comportamenti avidi degli oligarchi e dei burocrati disonesti. All’inizio di quegli anni Novanta la nostra società era composta da persone liberatesi dal comunismo ma che ancora non avevano iniziato ad essere padroni del proprio destino, ancora abituate ad attendersi favori da parte dello Stato, abbandonate alle illusioni ed incapaci di resistere alla manipolazione. Per questo sia nella vita politica che in quella economica è valsa quella logica viziosa del «chi si è seduto ha mangiato».

Ma la società ha attraversato un difficile processo di maturazione. E questo ci ha permesso di risollevare il Paese dal pantano in cui era sprofondato. Di rimettere in sesto lo Stato. Di restaurare la sovranità popolare, che è il fondamento di un’autentica democrazia.

Ci tengo a sottolineare che abbiamo realizzato tutto ciò con metodi democratici nel rispetto della Costituzione. La politica condotta negli anni Duemila ha coerentemente incarnato la volontà popolare. Lo hanno confermato i risultati delle elezioni e, tra una tornata elettorale e l’altra, anche i sondaggi sociologici.

Se ci soffermiamo su quali diritti la nostra popolazione considerava e continua a considerare come prioritari, ai primi posti vengono nettamente il diritto al lavoro (la possibilità di una retribuzione lavorativa), il diritto all’assistenza sanitaria gratuita, il diritto all’istruzione dei propri figli. Il ripristino e la garanzia di tali diritti essenziali è stato un compito che lo Stato russo si era prefissato, un compito che ho indicato insieme a Dmitrij Medvedev, lavorando nella carica di Presidente del Paese.

Oggi la nostra società è completamente diversa rispetto all’inizio degli anni Duemila. Molti individui sono divenuti benestanti, più istruiti ed anche più esigenti. Le mutate esigenze nei confronti del potere e la sortita della classe media da quel piccolo microcosmo di realizzazione del proprio benessere privato sono il risultato dei nostri sforzi. Proprio su questo abbiamo lavorato.

La competizione politica è il sale della democrazia, la sua forza motrice. Se tale competizione riflette gli interessi effettivi delle parti sociali, essa a più riprese rafforza la «potenza» dello Stato, creando le condizioni per lo sviluppo economico, mobilitando le risorse per realizzare progetti sociali, garantendo la difesa e la giustizia per i cittadini.

Oggi la qualità del nostro Stato è rimasta indietro rispetto alla prontezza della società civile nel prendere parte ad esso. La nostra società civile è divenuta incomparabilmente più matura, attiva e responsabile. È quindi necessario rinnovare i meccanismi della nostra democrazia. Essi devono saper «accogliere» questo accresciuto attivismo sociale.

Lo sviluppo della democrazia

Attualmente nella Duma di Stato è a verbale un intero pacchetto di proposte per lo sviluppo del nostro sistema politico e partitico. Esso concerne la semplificazione dell’insieme di procedure di registrazione per i partiti, la modifica dell’obbligo di raccogliere firme per partecipare alle elezioni parlamentari e negli organi giudiziari locali, la riduzione del numero di petizioni necessarie a presentare la candidatura nelle elezioni presidenziali.

Le condizioni di registrazione, la regolamentazione dell’attività dei partiti, le tecnologie delle procedure elettorali rappresentano senza dubbio elementi importanti. Il «clima politico», così come quello degli investimenti economici, richiede un costante perfezionamento. Ma oltre a ciò occorre dedicare un’attenzione primaria ai modi attraverso cui, all’interno del meccanismo politico, viene determinato il calcolo degli interessi dei gruppi sociali.

Sono certo che non abbiamo bisogno di un teatrino in cui fare a gara nel lancio di promesse da marinaio. Non abbiamo bisogno di quella situazione in cui la democrazia si riduce ad un’apparenza, in cui dietro la facciata del «potere al popolo» vengono presentati spettacoli politici usa e getta e forme di casting dei candidati, in cui i contenuti vengono banalizzati da dichiarazioni a effetto e scambi di accuse reciproche, mentre la vera politica agisce all’ombra, attraverso operazioni dietro le quinte e decisioni che non vengono discusse con nessun elettore. Da un simile vicolo cieco, dalla tentazione di «semplificare la politica» e costruire una democrazia fittizia, dobbiamo guardarci bene. Nella politica il ruolo degli spin doctors è inevitabile. Ma gli imagemakers, i «maestri delle marchette» non devono arrivare sino al punto di gestire i politici. Sono certo che il popolo stesso finirebbe per non darvi più credito.

Occorre oliare i meccanismi del sistema politico affinché esso sappia tempestivamente accogliere e riflettere gli interessi dei grandi gruppi sociali garantendone il coordinamento pubblico, affinché garantisca non soltanto la legittimità del potere vigente, ma anche la sua giustizia agli occhi delle persone (anche qualora queste risultino essere una minoranza).

Abbiamo bisogno di un meccanismo che consenta al popolo l’opportunità di promuovere, a tutti i livelli del governo, persone responsabili e professionalmente qualificate in grado di ottenere risultati per lo sviluppo della nazione e dello Stato. Un meccanismo di selezione, assunzione e realizzazione delle decisioni – tattiche non meno che strategiche – che sia comprensibile, efficace e aperto alla società.

Dobbiamo creare un sistema politico in cui sia possibile e finanche necessario dire la verità. Se una persona propone una decisione o un programma politico, essa deve assumersi la responsabilità della sua realizzazione, affinché coloro i quali eleggono i «decisori» capiscano chi e per che cosa stanno votando. Ciò contribuirebbe a creare un clima di fiducia, di dialogo costruttivo e di rispetto reciproco tra la società e il governo.

Nuovi meccanismi di partecipazione

Dobbiamo essere in grado di rispondere alle esigenze della società, che  nell’ «èra dell’informazione» diventano sempre più complesse ed acquisiscono caratteristiche qualitativamente nuove.

Un numero consistente ed in continua crescita di cittadini russi è già abituato a reperire velocemente le informazioni su Internet, semplicemente premendo qualche pulsante sulla tastiera.  L’accesso libero e privo di censura alle informazioni sulla situazione nel Paese genera ovviamente una richiesta di partecipazione permanente – e non solo da una tornata elettorale all’altra – dei cittadini alla vita politica e ai processi di governo.

Pertanto la democrazia moderna, intesa come potere del popolo, non può limitarsi ad un’occasionale «andata alle urne» ed esaurirsi in essa. La democrazia, a mio avviso, consiste non soltanto nel diritto fondamentale del popolo ad eleggere il proprio governo, ma anche la possibilità di influire costantemente sul potere e sui suoi processi decisionali. Ciò significa che la democrazia deve contemperare meccanismi di azione diretta e permanente, canali efficaci di dialogo e di controllo sociale, di comunicazione e di esercizio di «feedback».

E che cosa vuol dire feedback in pratica? La quantità crescente di informazioni sulla politica deve trasmutarsi in un alto livello qualitativo di partecipazione politica, di autogoverno e di controllo civile. In primo luogo, ciò si concretizza nella discussione con l’intera società civile dei progetti di legge, dei programmi e delle decisioni assunte a qualsiasi livello, nonché nella valutazione delle leggi vigenti e della loro applicazione.

I cittadini, i professionisti e le associazioni di categoria dovrebbero avere l’opportunità di esaminare preventivamente tutti i documenti governativi. Già adesso le critiche costruttive da parte delle associazioni imprenditoriali, degli insegnanti, dei medici e degli studiosi aiutano ad evitare decisioni fallaci e, specularmente, a trovarne di migliori.

Ad esempio, l’anno scorso, durante l’Impact Assessment condotto in collaborazione con le associazioni imprenditoriali, nella fase preliminare è stata depennata circa metà degli atti normativi che avrebbero potuto peggiorare le condizioni di sviluppo dell’economia russa. È bene che un tale «filtro» abbia cominciato a funzionare. Ora dobbiamo verificare se esso coinvolga tutti i settori importanti dell’imprenditoria.

Bisogna migliorare il linguaggio legislativo, che dovrebbe arrivare ad essere se non eufonico (si pensi che nell’Antichità le leggi erano scritte in versi per facilitarne la memorizzazione), quantomeno comprensibile. È importante creare un’interfaccia chiara ed interattiva per i siti web delle amministrazioni pubbliche, che consenta di discutere progetti e programmi, nonché di monitorare i risultati della loro realizzazione. Per questo vorrei chiedere il sostegno delle comunità professionali di linguisti e di web designer. Il loro contributo sarà apprezzato dalla storia.

Una delle tendenze principali del mondo moderno è la continua «complessificazione» della società. Le esigenze dei vari gruppi professionali e sociali diventano più specifiche. Lo Stato deve essere in grado di rispondere a queste sollecitazioni, corrispondendo al grado di complessità della realtà sociale. Una delle decisioni più importanti è quella di consentire lo sviluppo di organizzazioni di autogoverno, di cui occorrerebbe ampliare le competenze e le possibilità. D’altra parte, tali organizzazioni dovrebbero usare più attivamente i loro poteri, in particolare, il diritto a sviluppare e sottoporre all’approvazione le norme tecniche e gli standard nazionali nei settori corrispondenti.

Si dovrebbe evitare la burocratizzazione delle organizzazioni di autogoverno, la loro creazione con l’aiuto di «barriere» autogovernative (in primo luogo in quelle sfere di attività in cui sia assente un rischio inaccettabile, o la cui sicurezza sia già garantita dagli altri metodi di governo dello Stato). Per far ciò è necessaria una piena trasparenza delle organizzazioni di autogoverno, attraverso meccanismi di accountability aperti alla società e al mercato. Confido nel fatto che l’autogoverno divenga uno dei più solidi pilastri della società civile in Russia.

Già adesso utilizziamo la pratica di pubblicare i progetti di leggi su Internet. Ciascuno può indirizzare proposte o correzioni, che vengono esaminate e le migliori di esse vengono persino contemperate nelle versioni finali delle leggi. Tale meccanismo di selezione collettiva delle migliori soluzioni o – come lo chiamano gli esperti – di crowdsourcing  dovrebbe diventare la norma a tutti i livelli.

Ma limitandoci a questo affermiamo soltanto il «diritto passivo», ossia la capacità di un cittadino di rispondere alle idee e ai progetti del governo, ai soggetti di iniziativa legislativa. Noi, invece, abbiamo bisogno anche di un «diritto attivo» offrendo ai cittadini la possibilità di contribuire alla stesura dell’agenda legislativa, di presentare i propri progetti e formulare le priorità.

A questo proposito, propongo di varare una legge che imponga al Parlamento di prendere in esame qualsiasi iniziativa legislativa sostenuta da più di 100.000 firme raccolte su Internet. Una procedura simile esiste, ad esempio, in Gran Bretagna. Naturalmente, l’anonimato della rete non è adatto a questo tipo di iniziativa, sebbene in altri casi aiuti a monitorare gli umori della società. Sarà dunque necessario sviluppare una procedura formale per la registrazione di coloro che vogliono partecipare a un tale sistema.

La democrazia di Internet dovrebbe inserirsi nel quadro complessivo di sviluppo delle istituzioni democratiche fondato sulla consultazione referendaria.  Una sua estesa applicazione risulterebbe particolarmente feconda soprattutto a livello comunale e regionale.

Ogni comune dovrebbe garantire non soltanto l’elezione diretta dei capi e dei deputati dell’Assemblea comunale: anche i funzionari che rivestono cariche di rilievo devono sottoporsi al giudizio popolare. Ad esempio, alla fine del primo anno di mandato del capo di un distretto di polizia i cittadini del quartiere dovrebbero poter esprimere il loro parere sull’opportunità o meno che questa persona continui a lavorare nella zona. Anche il lavoro dei giudici di pace e dei responsabili delle aziende comunali di servizi pubblici dovrebbe essere valutato dai cittadini.

È necessario concedere ai cittadini l’opportunità di votare, di tenere  referendum locali o esprimersi attraverso sondaggi on-line per risolvere i problemi critici a livello comunale.

Un compito importante è rappresentato dal cambiamento del lavoro dei consigli presso le amministrazioni pubbliche. Oggi tale lavoro, per dirla francamente, sembra essere una semplice attività pro forma. La formazione dei consigli pubblici deve essere sostenuta dalla Camera civile[i] della Russia, e per le autorità regionali – dalle assemblee pubbliche competenti. È necessario garantire la partecipazione ai consigli pubblici di esperti veramente indipendenti e di rappresentanti delle organizzazioni non governative interessate. Deve essere stabilita la lista dei regolamenti e dei programmi che non possono essere accettati e approvati senza una previa discussione al Consiglio pubblico. Anche la partecipazione alle commissioni che attestano e sono preposti a risolvere i conflitti di interessi potrà essere demandata alla competenza dei consigli pubblici.

Vorrei dire qualche parola anche sulle prospettive di sviluppo del «governo elettronico». Già adesso per i nostri cittadini sono disponibili le informazioni relative alle discussioni in Parlamento, alle condizioni dei mercati mondiali, ai matrimoni e ai divorzi delle stelle di Hollywood. Allo stesso tempo, essi non possono reperire su Internet le informazioni circa i propri pagamenti per i servizi locali, né accedere alla propria carta medica on-line o reperire informazioni su poliziotto del quartiere.

Il sito ufficiale contenente le informazioni sulle spese pubbliche è divenuto un potente meccanismo anti-corruzione e molti servizi pubblici hanno conosciuto una riconversione in formato elettronico. Questo è senz’altro un bene. Tuttavia la maggioranza delle persone avrebbe necessità anche di reperire informazioni sulla propria casa, sul territorio che la circonda, sui parchi, sulle scuole, sul proprio comune. Dobbiamo prestare particolare attenzione alle fondamenta su cui è costruito l’e-government  – ai siti dei comuni e delle istituzioni regionali o nazionali della Federazione Russa.

Suggerirei alla Camera civile e al Consiglio della società civile e sui diritti umani presso la Presidenza della Federazione Russa di elaborare e discutere pubblicamente, entro quest’anno, progetti inerenti alla pubblicazione di informazioni obbligatorie per gli utenti sui siti web degli enti scolastici e sanitari.

È necessario orientare il progetto “e-government” verso le esigenze e le richieste dei cittadini, rendere disponibili le informazioni sulle attività delle autorità centrali e locali, rendere il meccanismi di governo dello Stato chiaro comprensibile per la società.

L'autogoverno locale è una scuola di democrazia

lexander Solženicyn, a proposito del ruolo dell’autogoverno locale, ha scritto: «Solo in questo spazio la società può eleggere le persone giuste, ben note sia per capacità imprenditoriali sia per  qualità morali. In una città piccola non è possibile conservare una reputazione falsa, non viene in aiuto la retorica ingannevole o le raccomandazioni del partito… Senza un autogoverno locale ben avviato la vita non può essere prospera e tranquilla, e lo stesso concetto di “libertà civile” perde il suo senso».

In queste parole è espressa un’idea molto giusta: la democrazia di un grande Stato è composta proprio dalle «democrazie dei piccoli spazi». L’autogoverno locale è una scuola di responsabilità civile ed al contempo una «gavetta di professionalità politica», che insegna ad un politico principiante le competenze chiavi: le capacità di negoziare con i vari gruppi sociali e professionali, di comunicare chiaramente le proprie idee alla società, di difendere i diritti e gli interessi dei propri elettori. Penso che gli amministratori pubblici debbano imparare la politica proprio all’interno dei sistema di autogoverno locale.

Per quanto riguarda il miglioramento dell’autogoverno locale, vorrei sottolineare i seguenti punti. In primo luogo, esso deve restare «a misura d’uomo»: vale a dire, i comuni non devono ingrandirsi e accorparsi senza una logica. In secondo luogo, i comuni dovrebbero diventare finanziariamente autonomi e possedere le risorse sufficienti per assolvere ciascuno il proprio mandato e affrontare i problemi quotidiani delle persone. È dunque necessario superare la dipendenza dalle «offerte dall’alto», che inficiano l’autonomia e la responsabilità, generano clientelarismo e in ultima analisi  privano di senso l’esistenza stessa del governo locale.

A questo proposito, propongo di conferire ai comuni la facoltà di raccogliere tutte le tasse dalle piccole imprese, attualmente sottoposte a un regime fiscale particolare. Naturalmente, per far ciò è necessario trovare un nuovo equilibrio tra le istituzioni centrali e quelle locali. Se queste ultime godranno di maggiori risorse, anche la quantità dei loro obblighi potrà essere aumentata.

Rinforzare l’indipendenza economica è particolarmente importante per le città di grandi e medie dimensioni, nelle quali è concentrato il potenziale economico del Paese e i cittadini sono più attivi. Le città sono veicolo di crescita economica e fonte di iniziative civili. Demandando i poteri amministrativi e le risorse finanziarie dal centro federale alle autorità regionali, è essenziale assicurarsi che le città non restino indifese davanti alle decisioni assunte dai governatori delle regioni.

È altrettanto importante garantire un’interazione paritaria tra i governatori e i sindaci, tra le assemblee legislative regionali e quelle comunali. Non è un segreto che tali strutture sono spesso in conflitto; una conflittualità che rischia aggravarsi in caso di elezione diretta del governatore, a maggior ragione se la Regione e la città sono amministrati da partiti diversi.

Dovremmo smettere di fissare a livello regionale gli indicatori per l’autogoverno locale, mettendoli così in dipendenza dalle risorse finanziarie fornite. L’amministrazione comunale deve invece rendere conto pubblicamente del suo operato davanti ai propri elettori.

Un altro problema importante è il futuro delle città piccole, dove abita una parte significativa dei nostri cittadini. Molto spesso tali città non godono di entrate sufficienti e risultano  dipendenti dai trasferimenti dal bilancio regionale. Allo stesso tempo, in molti casi una piccola città è una piattaforma senz’altro migliore per la democrazia comunale. Le persone nelle città piccole si conoscono bene, tutti i servizi offerti non sono anonimi ma riconducibili a soggetti visibili. Penso che sia necessario garantire la sostenibilità sul lungo periodo delle entrate dei comuni (il che presuppone una quota di finanziamenti regionali stabile e preliminarmente nota) ed evitare quella situazione in cui l’attività del sindaco si limita all’ottenimento più o meno riuscito di denaro dall’alto, situazione in virtù della quale il giudizio sul suo operato dipende non dai cittadini bensì dalle autorità superiori. Soltanto così potremo aspettarci che sorga una nuova generazione di politici e di amministratori efficienti.

Il federalismo russo

Una delle più grandi sfide all’inizio degli anni 2000 è stata quella di vincere quello «strisciante» separatismo, manifestatosi sia in forma aperta che latente, e di spezzare il filo che legava le autorità regionali ai criminali e ai gruppi ultranazionalisti. In linea di massima questo problema è stato risolto. Oggi, giunti ad una nuova fase di sviluppo, siamo quindi pronti a tornare all’elezione diretta dei governatori. Resteranno appannaggio del Presidente della Federazione Russa tutti gli strumenti di controllo, compreso il diritto alla destituzione dei governatori, e ciò garantirà una combinazione equilibrata di decentramento e centralizzazione.

Il centro federale deve delegare e ridistribuire i poteri, nonché le risorse per il finanziamento dei bilanci locali e regionali. Allo stesso tempo, dobbiamo garantire la governabilità del Paese, evitando che l’autorità del governo sia frammentata oltremisura. Non possiamo rimescolare meccanicamente le risorse e i poteri tra i vari livelli di governo e non dobbiamo seguire in maniera cieca né la via della centralizzazione o né quella del decentramento.

I poteri devono essere invece distribuiti a vari livelli di governo secondo un criterio semplice: una data funzione deve essere eseguita ad un determinato livello, che sia in grado di adempierla con il massimo beneficio per i cittadini, per la loro attività imprenditoriale e per lo sviluppo del Paese nel suo complesso.

È altrettanto evidente che il potenziale di rafforzamento dei soggetti federali non si è esaurito. Ogni azione in questa direzione deve tuttavia essere ponderata ed equilibrata, fondandosi sempre sull’opinione dei cittadini.

Dobbiamo tener conto del fatto che i territori della Federazione Russa si trovano a livelli diversi di sviluppo socio-economico. Sono anche diversi i piani sociali e culturali, che non possono essere confrontati secondo una logica di «meglio o peggio». Gli stili di vita delle persone sono determinati da tradizioni, costumi e modelli di comportamento differenti.

Per questa ragione si rivelano di un’importanza vitale quei potenti fattori di integrazione quali la lingua russa, la cultura russa, la Chiesa Ortodossa Russa e le altre tradizioni religiose del nostro popolo; oltre che, naturalmente, la plurisecolare esperienza di convivenza fra popoli diversi in uno Stato Russo unitario. Tale esperienza dimostra che il Paese abbisogna di un centro federale forte, competente e rispettato, che funga da stabilizzatore politico determinante per l’equilibrio dei rapporti interregionali, interetnici e interreligiosi. Il nostro compito storico è quello di sfruttare al massimo le potenzialità del federalismo russo, di creare gli incentivi per lo sviluppo attivo di tutte le regioni del Paese.

La competitività dello Stato

Il mondo globale è caratterizzato da una competizione tra gli Stati per le idee, le persone e i capitali, che si traduce d’altronde in una competizione per il futuro dei rispettivi Paesi.
Abbiamo bisogno di un nuovo senso dello Stato, il cui maggior obiettivo sia quello di creare in Russia le condizioni più competitive per la vita, la creatività e l’imprenditorialità. Tutta l’attività dell’apparato statale deve essere indirizzata verso quest’obiettivo. Dobbiamo sempre partire dal presupposto che i cittadini russi, e specialmente il capitale russo, vedono come viene organizzata la vita negli altri Paesi ed hanno il diritto a scegliere il meglio.

È importante concentrarsi sulle seguenti priorità chiave.

Primo. Dobbiamo spezzare lo stretto legame che sussiste tra «potere» e «proprietà». I confini dello Stato ed i limiti del suo intervento nella vita economica devono essere indicati chiaramente – ho già parlato di questo problema nel mio articolo sull’economia.

Secondo. È necessario introdurre le pratiche più efficienti prendendole a prestito dai Paesi leader. Il criterio dell’assimilazione di queste pratiche gode di un’efficacia dimostrata, che si rifletterà per ogni cittadino russo nell’efficienza e nella comodità dell’usufrutto dei servizi, riducendone i costi e i tempi. Su questa base potrà essere garantita una qualità dei servizi pubblici conforme agli standard internazionali.

Terzo. Intendiamo sviluppare la competitività tra gli amministratori pubblici – governatori, sindaci, funzionari – a tutti i livelli e in tutti i casi ove opportuno. Per questo dobbiamo monitorare, individuare e adottare le pratiche di gestione utili ad una migliore pratica di governo. Ciò concerne sia i processi decisionali a livello federale che l’esperienza degli elettori a livello regionale e comunale.

Quarto. Dobbiamo adottare i più recenti standard di qualità dei servizi pubblici, la cui efficacia si misura non dal punto di vista dell’ente erogatore bensì da quello del consumatore – per esempio,  un’azienda che fa passare le proprie merci attraverso la dogana, un cittadino che ottiene un certificato, un proprietario di un veicolo che svolge una pratica dopo un incidente stradale. Le informazioni sui siti web statali devono essere chiare e comprensibili per qualsiasi cittadino, che deve potersi rivolgere per richieste ad un funzionario concreto.

Quinto. È stata appena approvata la legge che istituisce una valutazione effettiva del lavoro dei funzionari nonché le sanzioni e le multe per l’inosservanza degli standard dei servizi pubblici per la società e gli imprenditori. Propongo di fare un ulteriore passo in avanti, prevedendo anche la squalifica per una grave o ripetuta violazione delle norme. I funzionari che lavorano male dovrebbero non solo essere licenziati, ma per qualche anno essere privi del diritto di lavorare nelle strutture statali o comunali.

Sesto. Per la soluzione dei complessi problemi di gestione è necessario un adeguato livello di qualifica ed esperienza dei dipendenti pubblici. Occorre un nuovo sistema di retribuzione per i dipendenti pubblici, che tenga conto delle condizioni del mercato del lavoro. Senza di esso sarebbe ingenuo attendersi un miglioramento qualitativo del corpo funzionario o l’ingaggio di manager responsabili ed efficienti.

Settimo. Intendiamo sviluppare ulteriormente l’istituzione di difensori civili, cioè i commissari per la tutela dei diritti. Seguiremo il percorso della specializzazione e della professionalizzazione di tale istituzione. Credo che una commissione abilitata a tutelare i diritti degli imprenditori debba essere istituita presso ogni soggetto federale della Federazione Russa.

Dobbiamo sconfiggere la corruzione

Le procedure amministrative e la burocrazia non sono mai stati motivo di orgoglio nazionale in  Russia. È ancora nota la conversazione di Nicola I e Benkendorf in cui lo zar minacciò  di «bruciare la corruzione con il ferro rovente» e gli fu risposto: «E dopo con chi resterà, signore?»

I discorsi sulla corruzione in Russia sono spesso banali. C’è una tentazione storica di combattere la corruzione per mezzo di repressione. La lotta contro la corruzione, ovviamente, presume l’uso di misure repressive, ma il problema è molto più profondo: è la mancanza di trasparenza delle istituzioni pubbliche e il loro controllo da parte della società (di cui ho parlato in precedenza) e la motivazione insufficiente dei funzionari. In questo campo, a nostro parere, ci scontriamo con enormi difficoltà.

I dati delle inchieste sociologiche sono ben noti: gli adolescenti, che nei «disgraziati anni Novanta» sognavano di diventare oligarchi, scelgono ormai la carriera dei funzionari pubblici, che a molti appare come una fonte di denaro facile e veloce. Con una simile motivazione dominante qualsiasi velleità repressiva risulta inutile: se il lavoro nelle istituzioni dello Stato viene inteso non come un servizio, bensì come una retribuzione facile, i ladri smascherati passeranno presto la staffetta a nuovi corrotti.

Per vincere la corruzione sistemica non è sufficiente limitarsi a separare potere e proprietà, ma occorre tenere separati anche il potere esecutivo dal sistema che lo controlla. La responsabilità politica per la lotta contro la corruzione deve essere un obiettivo condiviso del governo e dell’opposizione.

Sarebbe necessario definire legislativamente una nuova procedura per la nomina dei candidati per le cariche del Presidente e dei revisori della Camera dei conti, nonché per la formazione della lista di candidati alla Camera civile. Tali candidati dovrebbero essere nominati non dal Presidente in carica,  bensì dal Consiglio della Duma di Stato previa approvazione di tutti i partiti che siedono in Parlamento.

Io credo che i parlamentari debbano pensare seriamente a nutrire di contenuti efficaci le azioni delle commissioni d’inchiesta parlamentari previste dalla legge.

La lotta contro la corruzione deve diventare un compito autenticamente condiviso da parte dell’intera comunità nazionale, senza trasformarsi tuttavia in un pretesto di speculazione politica né in un cavallo di battaglia per populistiche strumentalizzazioni politiche che diano adito a decisioni sbrigative come l’appello a repressioni di massa. Chi urla a squarciagola contro la corruzione invocando repressioni indiscriminate non capisce che anche la repressione della corruzione può essa stessa divenire motivo di corruzione.

Noi proponiamo soluzioni reali, di carattere sistemico, che consentano con maggiore efficacia il necessario risanamento delle istituzioni pubbliche, proponiamo di introdurre nuovi principi all’interno della gestione delle risorse umane e dei quadri dirigenti, ossia nel sistema di selezione, rotazione e retribuzione dei funzionari. Vorremo ottenere il risultato di disincentivare significativamente la pratica della corruzione per via dei rischi di perdere reputazione, denaro e altre condizioni.

Propongo di individuare le cariche più predisposte alla corruzione, sia all’interno delle strutture del potere esecutivo sia nella corporate governance delle holding di Stato. Un funzionario che occupa tali ruoli dovrebbe percepire un’alta retribuzione, ma al contempo rendersi disponibile ad un’assoluta trasparenza, dichiarando le proprie spese e gli acquisti importanti della sua famiglia, il suo luogo di residenza, le fonti di finanziamento delle sue vacanze e via dicendo. Sarebbe utile prendere ad esempio le misure anticorruzione vigenti in Europa – i cui Stati vantano una lunga esperienza in questo tipo di azioni.

Oggi siamo quindi in grado di rispondere alla «domanda di Benkendorf»: noi sappiamo chi resterà сon noi. Le persone oneste, che non sono poche – tanto nelle istituzioni dello Stato che fuori da esse.

All’interno delle istituzioni centrali e locali lavorano oggi molti professionisti che vivono soltanto del loro stipendio e che si sentono offesi quando i giornalisti li mettono sullo stesso piano di concussori e di corrotti. E di quante persone oneste nel servire lo Stato ci priviamo in questo modo?

Credo che la società ed i mass media debbano ripristinare un giusto giudizio nei confronti dei dipendenti pubblici onesti. L’attenzione pubblica deve concentrarsi sulle accuse di corruzione dimostrate. Ciò contribuirà a portare a conclusione queste vicende.

Passare dalle parole ai fatti nella lotta contro la «grande» corruzione  aiuterà a superare anche la corruzione che i cittadini incontrano nella vita quotidiana – nella polizia, nel sistema giudiziario, nella gestione degli alloggi e dei servizi, nella sanità e nell’istruzione.

Agiremo in modo sistematico, con intelligenza e risolutezza, eliminando le cause fondamentali della corruzione e punendo i concreti casi di corruzione. Creeremo gli incentivi per quelle persone pronte a servire la Russia con fede e dedizione, che nel nostro Paese non sono poche. Abbiamo sconfitto l’oligarchia e sconfiggeremo anche la corruzione.

Lo sviluppo del sistema giudiziario

Il problema principale è rappresentato dal carattere accusatorio e punitivo nel nostro sistema giudiziario.Dobbiamo risolvere questo problema e proponiamo misure concrete in questa direzione.

Primo. Intendiamo rendere la giustizia accessibile a tutti i cittadini. In particolare, siamo intenzionati a introdurre procedimenti amministrativi non solo per le attività economiche ma anche per le controversie tra cittadini e funzionari. Questo procedimento presuppone che i cittadini siano più vulnerabili dei funzionari con cui sono in disputa. Pertanto, l’obbligo della prova deve essere a carico dell’autorità amministrativa e non del cittadino ed è per questo che il procedimento amministrativo è fin dal principio orientato alla tutela dei diritti dei cittadini.

Secondo. Le associazioni di categoria avranno il diritto di rivolgersi alla magistratura per tutelare i diritti dei propri membri. Ciò consentirà alle persone di difendere i propri interessi, ad esempio, di discutere con un governatore non come singola persona, bensì in qualità di membro di una grande associazione civile. Sarà allargato anche il campo di applicazione delle istanze collettive che possono essere avanzate dai cittadini.

Terzo. È già funzione un database unificato, aperto e accessibile di tutte le sentenze prese in sede di arbitrato. Dovremmo creare una simile banca dati anche per i tribunali di giurisdizione generale. Dobbiamo pensare a rendere disponibili su Internet i procedimenti giudiziari attraverso la pubblicazione delle loro trascrizioni. Così potremo capire se il nostro sistema giudiziario funziona bene, se cioè le decisioni dei giudici sono imparziali, trasparenti e dettate dalla logica. Inoltre, tali elementi di «diritto consuetudinario» serviranno per il miglioramento continuo del nostro sistema giudiziario.

Quarto. È necessario che rinasca il giornalismo delle «cronache giudiziarie», che aiuterà a discutere più in profondità i problemi della società relativamente alla sfera del diritto, nonché ad aumentare la coscienza civica dei cittadini.

In conclusione, vorrei sottolineare che stiamo proponendo soluzioni concrete, la cui realizzazione renderà effettivo il potere del popolo – la democrazia, appunto – mettendo lo Stato al servizio dei cittadini, e consentirà alla Russia e alla sua società contemporanea uno sviluppo stabile e prospero.

Traduzione dal russo di Daria Kudenko(Associazione Conoscere Eurasia) e Dario Citati(Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie)


[i] In russo, Obščestvennaja Palata Rossijskoj Federacii, organismo consultivo pubblico che riunisce noti esperti della società civile russa.